Il Cervello da Nemesio al Seicento
MONICA LANFREDINI
NOTE
E NOTIZIE - Anno XV – 28 ottobre 2017.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio
dei soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del testo: DISCUSSIONE]
Seconda Parte
Di fatto, dunque, non vi è
stata storicamente una richiesta dei medici di compiere autopsie ed un diniego
da parte delle autorità ecclesiastiche. Sembra si sia verificata piuttosto
un’evoluzione progressiva da una pratica sporadica, posta in essere per motivi
particolari, ad una forma regolamentata per lo studio dell’anatomia e per scopi
che, con un linguaggio moderno, possiamo definire medico-legali. Prima di
questa fase, gli esami necroscopici non erano stati ristretti ai soli medici
formati presso gli Studi, ossia le università dell’epoca[1], ma
erano praticati o assistiti e osservati proprio da religiosi. Risale a tredici
anni prima del Detestande
feritatis di Bonifacio VIII[2] la
cronaca di uno studio su cadavere realizzato e descritto da Fra’ Salimbene da
Parma per tentare una diagnosi post mortem; tale esame è passato alla storia come “la prima
autopsia”.
Leggiamo in Bober e McKinney:
“Nel nel mese di febbraio [1286] ebbe inizio in tutta la regione una misteriosa
morìa che colpiva parimenti uomini e animali. Dall’esame di alcune galline
morte un medico scoprì che tutte avevano delle piccole vesciche sul cuore; aprì
il cadavere di un uomo e anche sul cuore di questo trovò vesciche del tutto
simili alle precedenti. L’episodio è registrato nella Chronica che Fra Salimbene da
Parma andò annotando nel corso della sua vita […]. Così scrive il frate
parmense: «Et quidam medicus physicus
fecit aliquos aperiri et invenit apostema super
cor gallinarum… fecit similiter aperiri mortuum homine quedam, et super cor hominis idem invenit». La citazione viene di solito riportata come il
primo riferimento all’uso della necroscopia di cui si abbia testimonianza”[3]. In
questo stesso periodo, ossia nella seconda metà del secolo XIII, un anonimo
miniatore anglosassone rappresentò lo scenario, insieme crudo ed idealizzato,
di un esame necroscopico. Ricomposti, intorno ad un corpo femminile, si
riconoscono cuore, polmoni, reni e intestino[4].
La dissezione anatomica dei
cadaveri a scopo didattico era già praticata da tempo in Firenze[5],
quando Mondino de’ Liuzzi[6], un
allievo del medico fiorentino Taddeo Alderotti[7], mettendo
a frutto la sua lunga esperienza di dissezione, scrive l’Anothomia (1316), un’opera che
costituisce il primo manuale didattico – e l’unico che ci sia pervenuto di
quell’epoca – della morfologia del corpo umano ad uso dei medici. Sarà in
Italia e in tutta Europa il testo di riferimento per circa duecento anni[8]; ma
per avere una documentazione grafica del cervello osservato in necroscopia si
dovrà attendere Leonardo da Vinci.
L’amicizia con vari medici che
praticavano la dissezione consentì a Leonardo di diventare esperto nelle
tecniche di taglio e separazione di tessuti ed organi, così da isolare le parti
e studiarle per mezzo di quella copia fedele, in uno stile raffinato ed
elegante, che diede origine all’anatomia artistica. Nel 1517 Antonio De Beatis, insieme con il cardinale d’Aragona, andò a far
visita a Leonardo sessantacinquenne in Francia, lasciandoci questa
testimonianza: “Questo gentilhomo ha composto di
anatomia tanto particularmente con la dimostrazione
della pittura […] di modo non è stato mai fatto ancora da altra persona. Il che
abbiamo visto oculatamente et già lui ne disse aver fatto notomia di più di
trenta corpi tra maschi e femmine di ogni età”[9]. Gli
storici ritengono che Leonardo non abbia praticato la dissezione in modo
sistematico fino all’inverno 1507/1508, quando ebbe questa possibilità presso
l’ospedale Santa Maria Nova di Firenze, come si desume da questa celebre annotazione
del maestro di Vinci:
“Questo vecchio, poche ore
prima della sua morte, mi disse di passare i cento anni, e che non si sentiva
alcun mancamento nella persona altro che la debolezza e così standosi a sedere
su un letto nell’Ospedale di Santa Maria Nova di Firenze senz’altro movimento o
segno di alcun accidente passò di questa vita; ed io ne fece l’anatomia per
vedere la causa di sì dolce morte […] la quale anatomia descrissi assai
diligentemente e con gran facilità per essere il vecchio privo di grasso e di
umore, il che assai impedisce la cognizione delle parti”[10].
Negli anni lombardi
(1510-1511) Leonardo frequentò Marcantonio della Torre, medico anatomista in
Pavia, dal quale ottenne sostegno e consiglio per le sue osservazioni
anatomiche. Infine, si ha notizia di altri suoi studi su cadaveri condotti a
Roma, tra il 1514 e il 1515, presso l’ospedale di Santo Spirito.
I risultati di un decennio di
studi anatomici sono evidenti nei suoi magnifici disegni che costituiscono una
pietra miliare nell’illustrazione medica e non sono, come qualche storico
dell’arte aveva ritenuto, i semplici appunti grafici di un genio dell’arte, ma
il frutto di un lavoro certosino finalizzato ad un preciso progetto. Leonardo si
era prefisso di realizzare “a similitudine della Cosmogonia di Tolomeo, un «atlante anatomico» composto da diverse
tavole che raccogliessero la sua esperienza su vari cadaveri, in modo da fornire
uno strumento utile e chiaro, ancor più della pratica anatomica diretta”[11].
Per ottenere una conoscenza
della morfologia macroscopica del corpo umano di gran lunga superiore a quella
degli artisti e degli stessi medici del suo tempo, Leonardo si sottopose a
prove estremamente impegnative, come si comprende da questa annotazione:
“E se tu avrai l’amore a tal
cosa, tu sarai forse impedito dallo stomaco, e se questo non ti impedisce tu
sarai forse impedito dalla paura di abitare in tempi notturni in compagnia di
tali morti squartati e scorticati e spaventevoli a vedersi; e se questo non ti
impedisce forse ti mancherà il buon disegno, che si addice a tale figurazione;
o, se avrai il disegno, non sarà accompagnato dalla prospettiva; e, se lo sarà,
ti mancherà l’ordine della dimostrazione geometrica, o il calcolo delle forze e
della potenza dei muscoli; o forse ti mancherà la pazienza; così che tu non
sarai diligente. Se tutte queste cose sono state in me o no, i centoventi libri
[capitoli] da me composti ne daranno
sentenza, nei quali non sono stato impedito né da avarizia o negligenza ma solo
dal tempo. Vale”[12].
Le prime analisi morfologiche
del cranio da parte di Leonardo da Vinci risalgono al suo soggiorno a Milano,
nel periodo che va dal 1487 al 1493, quando si rende conto degli stretti
rapporti esistenti tra la morfologia ossea interna del neurocranio e la
conformazione esterna dell’encefalo. Nelle vedute laterali del cranio,
mirabilmente tracciate su un foglio del 1489[13], si
nota la precisione di ogni dettaglio, inclusa la perfetta resa prospettica
delle complesse strutture alla base del cervello, che includono l’ala dello
sfenoide e formazioni dell’osso temporale.
Leonardo sa dell’emergere dei
nervi dall’encefalo e dal midollo spinale ma, soprattutto per i nervi cranici,
cerca di comprendere più in dettaglio il rapporto morfologico con il cervello.
L’assunto teorico voleva che tutte le sensazioni sono veicolate all’organo più
nobile del corpo dai nervi e che all’interno delle strutture cerebrali, oltre
alle camere ventricolari, che da Nemesio in poi tanto avevano attratto
l’intelligenza e stimolato la fantasia degli studiosi, doveva esservi il punto
d’incontro di tutti i sensi, il senso
comune, che alcuni ipotizzavano fosse la sede dell’anima. In questa prospettiva
si comprende meglio l’attenzione e l’impegno che Leonardo riservò allo studio dell’occhio
e delle vie ottiche.
Già agli inizi degli anni
Novanta del Quattrocento, disegna i bulbi oculari seguendo i modi e le
indicazioni degli autori più accreditati del tempo, ma la sua personale
indagine anatomica lo porta a notare differenze fra il fascio di fibre che
emerge nel cranio dalla parte posteriore dell’occhio e va oltre le cavità delle
orbite, e gli altri nervi periferici[14]. L’autore
della Gioconda segue il fascio principale del nervo ottico di ciascun lato
all’interno della cavità cranica e scopre che si dirige simmetricamente, da
ciascun lato, verso la linea mediana in corrispondenza dello sfenoide, dove si
riconosce un solco che ospita la fusione dei due nervi, poi detta “chiasma
ottico”. Leonardo è stato sicuramente il primo a disegnare questa formazione,
localizzata sul diaframma della sella turcica dello sfenoide che ospita
l’ipofisi, e oggi ascritta per appartenenza topografica al diencefalo.
Lo studio dei ventricoli
cerebrali presenta notevoli problemi: dalla difficoltà di accedervi senza
alterarne la struttura e la tenuta del parenchima cerebrale circostante, alla
tendenza delle pareti a collassare per la perdita del fluido cefalo-rachidiano,
con la conseguente scomparsa della sagoma tridimensionale. Per cercare di
superare tali problemi, Leonardo conduce una sperimentazione sulle cavità encefaliche
dei bovini. Il suo straordinario ingegno concepisce una tecnica che, in varie
versioni aggiornate, si adopera ancora: inietta cera fusa all’interno delle
cavità riempiendole e distendendone le pareti fino alla loro tensione naturale che
si ha quando l’animale è vivo; poi, con il rapprendersi della cera, elimina il
tessuto circostante liberando il calco che rivela la forma tridimensionale del
sistema dei ventricoli cerebrali[15].
Un altro significativo
contributo di Leonardo alla conoscenza della morfologia cerebrale è il suo
disegno perfetto, dopo rimozione della pia meninge, delle circonvoluzioni della
corteccia cerebrale dell’adulto.
Dopo Leonardo, a Padova, dove
lo Studio patavino vantava un imponente teatro anatomico, insegnò Andrea Vesalio, fiammingo di Bruxelles (André Vésale) e autore del celeberrimo De humani corporis fabrica (1543), nel
quale si ammirano illustrazioni di grande valore scientifico. In particolare,
un cranio scalottato mostra le pachimeningi riverse all’esterno a scoprire la
superficie corticale del cervello rivestita solo dal sottilissimo foglietto
della leptomeninge, che lascia trasparire le circonvoluzioni e i vasi piali.
[continua]
L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla
lettura della note pubblicate in NOTE E
NOTIZIE nelle due settimane precedenti: Come
il fitness aerobico modella le connessioni cerebrali (07-10-17); Effetti del fitness aerobico dal cervello
allo spirito (14-10-17).
La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] La professione medica è stata la prima professione liberale, e a lungo la sola, ad avere il livello universitario di formazione: l’università nasce per la medicina.
[2] Uno degli scopi principali del decreto del 1299, come si legge in Harry Bober e Loren Mc Kinney, era la proibizione della bollitura dei cadaveri come mezzo per separare le ossa dai tessuti molli; una pratica adottata per rispedire in patria le ossa dei Crociati morti in Terra Santa.
[3] Harry Bober e Loren C. McKinney, La prima autopsia. KOS anno I, N. 2, p. 52, marzo 1984.
[4] Si tratta della carta 34 del manoscritto Ashmole 399, oggi conservato alla Bodleian Library di Oxford (cfr. Harry Bober e Loren C. McKinney, op. cit., ibidem).
[5] Si ha notizia di dissezioni a scopo di studio e d’insegnamento presso la Scuola Medica Salernitana, ma si trattava sempre di animali e più spesso di maiali.
[6] Mondino de’ Liuzzi (Bologna 1275-1326) nacque a Bologna da una famiglia di speziali di origine fiorentina, iscritta alla società dei Toschi di Bologna.
[7] Taddeo Alderotti (Firenze, 1215-1295) citato da Dante nel XII canto del Paradiso, è ritenuto il medico più famoso del Medioevo; scrisse uno dei primi testi di medicina in volgare (italiano) per l’amico Corso Donati (Della conservazione della salute). La struttura della lezione di Taddeo Alderotti è stata seguita da molti, nei secoli, e costituisce ancora oggi uno schema didattico impiegato nel mondo della comunicazione digitale. Insegnò all’Università di Bologna dal 1260.
[8] Si pensi che Berengario da Carpi, negli anni venti del Cinquecento, ancora lo definisce “impareggiabile”.
[9] AA.VV., Leonardo, arte e scienza, p. 111, Giunti, Firenze 2000.
[10] AA.VV., op. cit., p. 112.
[11] AA.VV., op. cit., p. 114.
[12]AA.VV., op. cit., pp. 115-116. I manoscritti e i disegni anatomici sono custoditi presso la Biblioteca Reale (Royal Library) nel Castello di Windsor.
[13] RL 19057r; K/P
43r, Windsor, Royal Library.
[14] Il nervo ottico, come è noto, non è un nervo ma un fascio di sostanza bianca encefalica costituito dai cilindrassi dei neuroni gangliari retinici; per la conferma di tale natura si è dovuto attendere lo studio microscopico del XX secolo che ha confermato la mielinizzazione oligodendrocitica propria del sistema nervoso centrale.
[15] Un foglio illustra i risultati dell’esperimento di iniezione di cera fusa nei ventricoli di un cervello bovino, con tre disegni principali costituiti da una sezione sagittale dell’encefalo e due sezioni trasverse (RL 19127r; K/P 104r, Windsor, Royal Library).